13 giugno 2008

Intervista a Massimo Magnani: Come rendere "meno africano" il mondo della corsa

Finchè le dico io certe cose .... tanto tanto ... ma se poi le si legge anche nelle parole di Massimo Magnani vuol dire che tanto fuori rotta non ero ...
Ritengo che comunque si debba e si possa discutere ma intanto leggete l'intervista, poi tirate le conclusioni e vediamo se nei prossimi giorni potremo anche scrivere qualche altra cosa di concreto e costruttiva ...

Scritto da Stefano Morselli - Redazione Podisti.Net
sabato 10 maggio 2008
Nell’intervista di aprile, Massimo Magnani aveva espresso alcune considerazioni sugli aspetti normativi ed organizzativi che potrebbero rendere “meno africano” il modo della corsa; anche alla luce dei ruoli Internazionali che Magnani ricopre, cerchiamo di capire cosa si potrebbe fare per favorire una ripresa dell’interesse generale del movimento della corsa nel Mondo.

Carissimo Massimo, ti sappiamo molto impegnato istituzionalmente, in particolare a livello internazionale, ci puoi indicare quali cariche rivesti presso la IAAF e la EEA? Mentre con la Fidal che rapporto hai?


A livello di EAA (European Athletic Association; la Federazione Europea), faccio parte della commissione del Cross, mentre per la IAAF (Federazione Mondiale) del Comitato del Cross. Sembra banale, ma fra “Commissione” e “Comitato” ci sono alcune differenze che si traducono in opportunità operative diverse. La Commissione formula proposte che vengono valutate dal Competition Committee (Comitato tecnico), il quale le propone al Consiglio dell’EAA, mentre il Comitato formula proposte che vengono esaminate e votate direttamente dal Consiglio della IAAF. Per la IAAF ho anche l’incarico di ICRO’s (International Cross and Road Offcial), in altre parole vengo chiamato come “supervisor Internazionale” per gli aspetti di verifica e controllo degli aspetti tecnici delle gare di campionato Mondiale di Cross e/o su Strada. Con la Fidal non ho alcun rapporto codificato in ambito tecnico, ma vengo frequentemente coinvolto per aspetti organizzativi; con la struttura di Prosport abbiamo collaborato all’organizzazione degli Europei di Cross di San Giorgio su Legnano e ora io sto lavorando sugli Europei Indoor di Torino 2009, dove dirigo l’Area Tecnica (cioè quella della preparazione dell’impianto e la gestione delle gare).
La corsa sembra più che mai un “African Affair”: dobbiamo rassegnarci a questa situazione o vi e’ la possibilità di trovare soluzioni tecnico/regolamentari che possano stimolare la crescita costante e numericamente significativa, di atleti bianchi capaci di competere?


Nel breve periodo, credo di sì! Oggi, tranne qualche rarissima eccezione non ci sono segnali che facciano pensare il contrario, anzi…..


Vuol dire che ci troveremo di fronte al solito “leit motiv” della solita orda di atleti di colore che dominano le gare?

Credo di si; tranne qualche caso sporadico (Hall, Mottram e qualche donna), gli africani saranno sempre più protagonisti.

Da appassionato della pista, ultimamente un po’ frustrato per l’assenza di italiani competitivi, vorrei avere il tuo parere relativamente ad alcune idee, mie e non solo, che ritengo possano essere utili ad alimentare lo spettacolo dei meeting e delle prove di corsa in particolare stimolando cosi’ un maggiore interesse sia degli atleti che dei media. Sono decenni che non nascono nuove discipline, l’inserimento dei 3000 siepi femminili ha solo riequilibrato la situazione tra uomini e donne, ma non e’ certo sufficiente anche se, paradossalmente, dimostra che la strada da percorrere e’ quella di aumentare la tecnicita’ delle prove.
Io proporrei l’inserimento sperimentale di gare a squadre, ad esempio come la gara ad inseguimento, e gare individuali come la gara a punti e l’americana ad eliminazione.
In questo modo, si sposta l’attenzione dalla ricerca forsennata del record, si aumenta la spettacolarità e si stimola lo spirito di squadra. Credi che cose del genere potrebbero stimolare l’interesse dei media e rendere piu’ aperte le competizioni?


Tutto il movimento atletico è in una fase di ripensamento generale perché gli attuali format sono datati e sempre uguali; c’è bisogno di novità; non so se il nostro mondo (che è abbastanza conservatore) è pronto a novità di questo tipo. Personalmente credo che le gare a squadre siano coinvolgenti e appassionanti, così come credo che una gara ad inseguimento sia, oggi, più interessante di tante altre prove dall’esito conosciuto fin dalla partenza. Il problema vero, però, è trovare atleti di diverse nazionalità (quindi anche con diverso colore della pelle) che competano in modo non scontato, altrimenti si perde il gusto della competere, che è un po’ quello che è venuto meno nelle gare di mezzofondo, oggi.


La IAAF mi sembra un po’ ingessata, e’ immaginabile che la federazione italiana possa prendere da sola iniziative del genere?


Fra i propri compiti la IAAF ha quello di modificare gli aspetti tecnico-organizzativi delle gare, ma questo processo passa, appunto, dalla consultazione di tutte le Federazioni Nazionali, dalla valutazione del Comitato Tecnico e dall’approvazione del Consiglio Mondiale dell’Atletica.
La IAAF ha la responsabilità di orientare il mondo dell’atletica, le singole Federazioni possono prendere, però, iniziative proprie che possono “sperimentare sul loro territorio, quindi non c’è nulla che vieta la “sperimentazione” di nuove proposte.

Fantatletica a parte, oggi ci sono nazioni come la Spagna o gli USA che riescono ad avere comunque, un buon numero di atleti di livello, in pista e nel cross country in particolare, che riescono a ben figurare nelle manifestazioni internazionali. Tempo fa gli spagnoli hanno studiato il modello Italia, ora dovremmo essere noi a studiare loro?

Anche in Spagna che ha pur sempre un buon numero di atleti di alto livello, si vive una certa crisi, soprattutto fra i più giovani, mentre gli USA sembrano uscire dal tunnel con qualche nuovo talento (anche se i “naturalizzati” sono sempre in crescita….). Gli spagnoli hanno studiato (e ben applicato il “modello Italia”, io credo che noi dobbiamo solo riscoprirlo e applicarlo con maggiore determinazione e chiarezza di obiettivi.

In senso generale comunque, a parte qualche rarissima eccezione, gli africani dominano in lungo ed in largo la scena, cosa ha portato, secondo te, a questa situazione?


La storia è lunga e complessa; diverse ed interconnesse fra loro sono le ragioni che hanno portato a questa situazione. La prima è sicuramente il talento e le capacità degli atleti africani, poi aggiungerei che in certi paesi africani è troppo facile cambiare nazionalità e che per le categorie giovanili, l’età è un fattore che incide non poco, poiché il controllo dell’età non è basato su principi di affidabilità ed è questo un (forte) motivo di allontanamento dei giovani dalle distanze della corsa (se da giovane mi rendo conto di non avere spazio, faccio altre cose….), aggiungerei ancora che la partecipazione di atleti africani alle gare nazionali ed internazionali è spesso “deregolamentata” o peggio ancora: vi sono regole che non vengono applicate….., se a questo aggiungiamo che le politiche del nostro Paese portano sempre più i giovani verso la sedentarietà con conseguente difficoltà a saper affrontare il concetto di fatica (fisica e mentale) e che la IAAF continua ad investire soldi e risorse nei paesi africani, il quadro è quasi completo.


Dipinto così sembra un quadro irreversibile…


Il dominio degli atleti africani è un dato di fatto ormai da moltissimi anni e come dicevo a breve non si può fare nulla per invertire la tendenza; nel medio e lungo periodo, invece, qualcosa si può e si deve fare, perché comunque verremmo indotti a farlo.

Cosa vuoi dire?


La crescita del fenomeno africano è stata favorita dall’intervento (ed anche investimento) di soggetti internazionali (Managers) che hanno intravisto grandi opportunità di business; hanno, però spinto talmente forte sull’acceleratore che ora hanno messo in crisi l’intero sistema. Perché se è vero (come è vero) che gli atleti africani dominano nel mondo, è altrettanto vero che le attenzioni di tutto il sistema della comunicazione (media e televisioni) nei confronti di questo fenomeno sono fortemente scese e tutto il movimento atletico si trova nel bel mezzo di una crisi complessiva, meeting compresi, non solo cross e strada.

Quindi sarà ancora una volta il potere mediatico a fare la differenza?

I bilanci delle federazioni internazionali sono dati per oltre il 60% dai diritti televisivi della EBU (Eurovisione) la quale ha fortissimi interessi praticamente solo in Europa. Le grandi agenzie che investono nella pubblicità hanno forti interessi in quasi tutti i paesi del mondo meno che in quelli africani, perché là non vi sono gli utenti finali….. quindi se non si attrae il cliente che può comprare i prodotti, si investe in altri settori e si lascia l’atletica…. Quindi se l’atletica e non parlo di quella italiana, non vuole essere abbandonata, deve trovare delle soluzioni.


Ma quali soluzioni dovrebbero individuare le Federazioni Internazionali (IAAF ed EAA)?


A mio parere, la prima strada da perseguire è un adeguamento delle norme che riguardano le manifestazioni, gli organizzatori, le Federazioni nazionali e gli agenti degli atleti. L'impegno del “sistema” si dovrebbe concentrare per sviluppare progettualità che rispondano alle nuove esigenze e ai nuovi bisogno dell'intero movimento atletico.


Per esempio?


Una collaborazione maggiore fra questi organismi (IAAF ed EAA) ed un’armonizzazione di calendari agonistici e delle regole. Tanti atleti che gareggiano in Italia e in Europa, non sono nemmeno conosciuti dalle loro federazioni di appartenenza; arrivano nei vari paesi perché portati da managers che li hanno visti in qualche gara e/o in qualche training camp….gli mettono addosso la prima canottiera che capita (cioè chi paga meglio di gara in gara) e via…


Ma non può bastare solo questo……


Certo che no! Servirebbe, secondo me, un progetto più generale che stimoli (sostenga economicamente) le federazioni nazionali a progettare nuovamente iniziative che coinvolgano i giovani in fase formativa (fisica e mentale) e che li “fidelizzino” alla corsa. Servirebbero regole per la partecipazione alle gare, soprattutto quelle dei calendari di ciascun Paese, dove si concentra la maggior parte di atleti sconosciuti che comunque vincono e servono poco o nulla alla promozione della corsa (e dell’Atletica), ma allontanano i giovani dalla pratica delle lunghe distanze, perché trasmettono il messaggio che la corsa è fatta per i corridori africani. Servirebbe anche un maggior controllo dei visti di partecipazione alle gare (e ingresso in Italia) e degli inviti che vengono rilasciati dai vari organizzatori. Si rischiano forti coinvolgimenti nelle responsabilità dei singoli…


Cosa vuoi dire…?


Se un organizzatore consegna un invito ad un manager e nel documento dichiara che gli atleti in elenco gareggiano nella sua gara, poi questo non succede e magari una parte degli atleti di quell’elenco va in giro per l’Italia (o per altri Paesi) in altre gare, non si rispettano le regole e si favorisce l’immigrazione clandestina!

Ma le Federazioni cosa fanno?


Questo discorso non è circoscritto alla sola Italia, ma vale per una grande parte delle Nazioni in Europa: spesso non hanno (o non vogliono adottare) un sistema di controllo; quando arriva una lettera di invito di un organizzatore, la vistano e la girano alle autorità competenti, per il rilascio del visto e non si preoccupano di verificare con le federazioni di provenienza degli atleti stranieri se tutto corrisponde al vero…

Ma c’è quindi complicità?


Non consapevole, nel senso che si procede per prassi e non si verifica che tutto sia in regola. Ora in Italia c’è qualche attenzione in più, in seguito ad episodi recenti che hanno creato un po’ di clamore.
Ma a livello italiano cosa si potrebbe fare?


A livello italiano sono state fatte molte analisi e probabilmente individuate le cause, ma ancora non si prospettano percorsi e/o progetti che riportino i nostri atleti al ruolo che hanno sempre avuto nel panorama internazionale. Secondo me bisognerebbe prima partire da una diversa organizzazione del sistema, poi passare all’aspetto tecnico o meglio ancora, sarebbe procedere parallelamente.

Ma nel tuo ruolo, cosa pensi di fare?


Beh io, come detto sopra, non ho poteri diretti, se non quello di fare proposte; all’interno della IAAF e dell’EAA ho già presentato documenti che sono entrati nell’ordine del giorno delle prime riunioni che abbiamo fatto e che sono diventati oggetto di approfondimento a livello più alto. Insomma sono contento di avere dato qualche idea che tutti hanno accettato di analizzare e approfondire.

E quali sarebbero queste proposte?


Intanto sostegni economici per le Federazioni che organizzano attività rivolte ai giovani; per il cross, per esempio, un circuito giovanile dai 14 ai 20 anni che dia continuità all’attività durante tutto l’inverno e che premi i vincitori mandandoli a vedere i Grandi Eventi dell’Atletica. Poi, nuovi criteri per assegnare la qualifica di “Permit” (IAAF o EAA) alle manifestazioni, con maggiori tutele per gli atleti europei. Poi ancora la realizzazione di Training Camp per atleti ed allenatori europei, dove condividere momenti di allenamento e scambio tecnico. Infine anche una revisione delle date di alcune manifestazioni, affinché queste siano davvero funzionali alla crescita tecnica degli atleti.

Tempi di realizzazione?


Come dicevo prima , di medio periodo; come dicevo prima, le procedure prevedono che le proposte vengano esaminate da Commissioni diverse, che vengano discusse ( ed eventualmente migliorate) e che vengano, poi, portati nei vari Council per la valutazione e l’eventuale approvazione.


E in Italia, si può accelerare qualche processo?


Siamo alla scadenza del quadriennio olimpico e credo che la massima concentrazione oggi debba essere messa per consentire che i nostri migliori atleti si possano esprimere al meglio a Pechino. Non c’è dubbio, però, che questo argomento vada affrontato, perché il mondo della corsa su strada è una vera “jungla”!!
La strada e’ un jungla ma grazie ad una quantita' incredibile di manifestazioni c’e’ comunque grande vitalita’, almeno a livello amatoriale. C’e’ pero’ da notare che, malgrado il numero dei podisti sia in costante crescita, non si spiega il perche' si corra' sempre piu' piano?


Il mondo amatoriale è una delle anime più importanti del nostro movimento atletico; per alcuni aspetti è più importante di quello “Assoluto”, perché gli Amatori sono i consumatori finali dei prodotti (in particolare di quelli di “settore” (scarpe, abbigliamento, accessori, riviste, prodotti medicali, etc, etc,…) e quindi stimolano le aziende ad investire sull’Atletica e nelle corse su strada. Gli amatori potrebbero essere anche i migliori reclutatori per l’Atletica, infatti se facessero correre i loro figli o nipoti, già sarebbe un bel successo….. Il problema, poi, è che se ad un giovane togli le motivazioni e non gli fai arrivare il messaggio giusto e gli toglie speranze e prospettive, è duro che continui e che voglia mettersi in gioco e “provarci davvero”!! A questo, a mio parere, con i giovani, si è anche presa la giusta linea tecnica, quindi è sempre più difficile che qualche giovane possa emergere a livello veramente alto.


Che sinergie si possono trovare con Maratone Italiane?


Potenzialmente molte, ma a livello personale ho alcune perplessità perché quest’associazione è nata senza coinvolgere tutto il movimento, ma per tutelare alcune manifestazioni in modo particolare; in questo ultimo periodo vi sono state maggiori adesioni, ma siamo molto lontani dalla rappresentatività generale; fra le altre criticità che ho visto, non ho ancora letto di proposte concrete e circa le regole, ma ho letto che fra le richieste di Maratone Italiane vi sia quella di avere (addirittura) due Consiglieri Federali: insomma mi pare che la tendenza sia quella di pensare agli interessi di pochi e non a quelli generali.


Ma da dove partiresti tu per “riordinare” il nostro mondo della strada?


Il discorso è lungo e molto complesso perché storicamente nessuna gestione federale degli ultimi 30 anni hai mai dedicato la necessaria attenzione al mondo della corsa su strada, quindi il caos e le problematiche si sono accumulate e sono diventate davvero tante. Personalmente, inizierei dalla (ri)classificazione delle manifestazioni, stabilendo nuovi criteri e parametri che classificano la tipologia di una manifestazione; oggi, infatti, ci sono gare internazionali che di internazionale non hanno nulla, salvo la presenza di 10-15 atleti stranieri. “Internazionale” significa “valore e risultati di quel livello” e non le nazioni presenti. Così come ci sono gare nazionali che tali non sono, perché “partecipate” da atleti stranieri che non sono tesserati per alcuna società italiana. Poi definirei i requisiti di coloro che possono organizzare una manifestazione e stabilirei altri criteri per l’invito degli atleti stranieri: devono essere atleti “qualificati”, cioè devono essere in posti ben definiti delle graduatorie mondiali, altrimenti non servono né a promuovere l’atletica né a definire la qualità dell’evento, ma servono solo ai loro managers. Tutto questo dovrebbe anche prevedere una situazione di controllo da parte della Federazione che dovrebbe attivare una “task force” sul territorio che controlli l’applicazione delle regole.

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