14 novembre 2006

STOCCARDA 1986

da speziarunning.it:

Stoccarda 1986: Stefano Mei una grande vittoria, un tesoro. di Federico Leporati
Quando mi e’ stato chiesto di ricordare, nel ventesimo anniversario, il trionfo di Stefano Mei nei 10000 metri dei campionati Europei di Stoccarda, pensai immediatamente di non essere la persona più adatta. Troppo coinvolto, troppo difficile scegliere e sintetizzare su quali aspetti far scivolare le possibili considerazioni. Prevalentemente tecniche? No! Troppo conosciute, troppe volte oggetto di discussioni più diverse, tanto fu devastante ed inaspettato il risultato. Se mi dilungassi ad illustrare il percorso dello sviluppo dell’allenamento, con alcune intuizioni nuove per le abitudini comuni di quel periodo la mia potrebbe sembrare l’esaltazione di una filosofia di lavoro nuova, rivoluzionaria. Be’, un po’ e’ vero: e’ stato reso sempre più potente un corridore molto resistente e molto tecnico, era migliorata la potenza del suo rendimento meccanico nella corsa. Potrei descrivere le emozioni, il tumulto nel mio cuore prima della gara oppure il bagno d’adrenalina subito nel dopogara? Troppo scontato, si potrebbe provare, ma e’ passato tanto tempo e la mia sarebbe un’analisi troppo partecipata comunque difficilmente proponibile a chi non fosse cosi’ coinvolto. Invece, mi piacerebbe ricordare aspetti meno evidenti e forse banali, ma che io non considero tali. Fu la vittoria di un giovane talento e campione che rendeva semplici anche le cose apparentemente più difficili. Una vittoria che tutti sognano, arrivata combinando senza traumi la vita di atleta di vertice internazionale con le esigenze di un giovane che non ha sacrificato niente d’importante, che non ha stravolto la sua vita in nome del risultato ad ogni costo, ben ancorato al suo modo sereno di vivere ogni situazione: amare lo sport per essere migliore ma rimanere se stesso, con lealtà, rispetto degli avversari e dei principi che lo rendono tra le discipline più nobili. Stefano viveva la ribalta internazionale divertendosi e divertiva chi gli stava vicino: famiglia, allenatore, amici, e chiunque lo frequentasse. Nessun segreto: una dieta normale, equilibrata, allenamento organizzato di conseguenza, la maggior parte della sua vita vissuta nel suo ambiente, a casa, allenandosi con gli impianti, le situazioni e le facilitazioni che qualsiasi atleta può trovare in ogni parte d’Italia…. Anzi, la stagione 85/86 fu passata trasferendoci giornalmente a Marina di Carrara per l’allenamento: il nostro “Montagna” era chiuso per il rifacimento del manto. Non disponeva di nessun massofisioterapista, nessun medico specialista ne’ particolari attenzioni. Anzi! Direi che il mio status di allenatore per hobby, che poteva divertirsi con l’atletica dopo l’orario di lavoro, costringeva Stefano a seguire le mie esigenze che poi erano anche quelle di tutti gli altri ragazzi del gruppo con cui si allenava volentieri e ne costituiva punto di riferimento unico nel suo genere. Dal punto di vista mentale eravamo di fronte ad una persona speciale, una persona che s’esaltava nelle difficoltà al punto di elevare, in trance agonistica, la soglia del dolore che spesso derivava dai molti guai fisici che lo tormentavano. Proprio nel 1986 ha dovuto convivere con una fastidiosissima borsite al calcagno che ha disturbato sicuramente l’esito finale della preparazione. Ma siccome una grande prestazione nello sport non e’ solo dipendente da problematiche fisiologiche legate alla preparazione, Stefano riuscì a “sbancare” Stoccarda perché fu il più forte in tutti i sensi: gambe, polmoni ed un cuore grande, il cuore di un campione d’integrità morale, modello inarrivabile per chi sogna sport di vertice assoluto senza stravolgerne gli obiettivi ed i contenuti formativi ed educativi. Per coloro che vogliono cogliere dall’impresa di Stefano altri aspetti coinvolgenti, un po’ poco noti ma che aiutano meglio a cogliere il valore del personaggio e della sua grande impresa, riprendo integralmente quanto narrato dal maestro Sandro Donati nel suo libro “Campioni senza valore” pubblicato nel 1989, rimasto in vendita per pochissimo tempo e poi ritirato, inspiegabilmente… Solo pochi hanno la fortuna di averne una copia: “Contro tutti, Stefano Mei campione d'Europa” Mentre la stagione agonistica si avviava al clou, rappresentato dai Campionati Europei di Stoccarda, era esploso il “caso Mei”. Da molte parti era stata sollecitata l’esclusione di Mei dalla partecipazione ai 10000 metri. Cova ed il suo allenatore Rondelli avevano perorato a lungo la causa di Francesco Panetta, destinato altrimenti al ruolo di riserva per la preventiva iscrizione, accanto a Mei e allo stesso Cova, del siciliano Antibo. Cova sostenne che si sentiva più sicuro con un fidato scudiero accanto piuttosto che con un avversario acerrimo come Mei. Su ”Il Giornale” Oscar Eleni descrisse me (Sandro Donati) e Leporati come gli alienati dell’atletica che mandavano Mei allo sbaraglio sui 10000 metri, per contrapporlo ad Albertino Cova, con il rischio che l’atleta spezzino, per la fatica, fallisse anche i 5000 metri. La richiesta di Cova, per la verità stravagante, era stata bocciata dal C.T. Enzo Rossi. La scelta si sarebbe rivelata doppiamente felice: Mei avrebbe trionfato sui 10000 metri, mentre Panetta, liberato da compiti di gregario, sarebbe puntualmente esploso sui 3000 siepi con una fantastica ed indimenticata fuga che gli avrebbe fruttato la medaglia d’argento. A Stoccarda le squadre partecipanti alloggiarono in uno splendido campus universitario….. Nel frattempo Mei era arrivato direttamente dall’Italia e si era aggregato al resto della squadra. Il suo allenatore non era stato invece convocato. Sarebbe giunto a Stoccarda a sue spese, privo finanche dell’accredito per entrare nei campi di allenamento e di riscaldamento. Nell’impossibilità’ di un’assistenza diretta, Leporati mi affidò il compito di seguire Mei negli ultimi allenamenti e durante le gare. E restò a guardare dietro la recinzione. Gli Europei entrarono nel vivo proprio con la gara dei 10000 metri, prevista in chiusura della prima giornata. Seguii da vicino l’inizio del riscaldamento di Mei prima di raggiungere Vittori in tribuna. Faceva freddo, pioveva a dirotto. Dopo qualche minuto mi raggiunge il dottor Rossetti, un medico fisiatra della squadra. Mi disse: “Stefano ti vorrebbe, se puoi”. Tornai allora nella grande palestra, adiacente allo stadio, dove gli atleti stavano ultimando il riscaldamento. Stefano mi venne incontro e si sfogò: “Mi sento solo come un cane, guarda, sono tutti la intorno a Cova e ad Antibo”. E mostrò gli indaffaratissimi allenatori, massaggiatori e dirigenti. Cercai di tranquillizzarlo. Lo invitai a scaldarsi correndo lungo il perimetro della palestra in senso inverso a quello percorso dagli altri. Lo caricai dicendogli: “Tu non hai bisogno di un clan, devi contare solo su te stesso.”. Quando mancavano venticinque minuti alla gara, Mei indossò un impermeabile uscì con me sotto la pioggia, tenendo in mano la borsa con gli indumenti di gara. Lo accompagnai fino all’ingresso della camera d’appello, dove gli atleti devono entrare da soli per le ultime formalità. Prima di lasciarmi, mi urlo in faccia la sua fiducia: “Oggi quello lì lo distruggo.”. Tornai in tribuna per seguire la gara con Vittori e con un gruppo di turisti italiani. Stefano fu fantastico: nel tratto finale si produsse in un’accellerazione irresistibile e staccò tutti. Era campione d’Europa! Qualche minuto dopo, eravamo lì e non ci stancavamo di abbracciarci, io, lui e Leporati. Era la fine di un incubo tecnico ed umano. Il nostro sogno si era avverato: avevamo dimostrato, Mei come atleta, Leporati ed io come allenatori, che si poteva ancora vincere una grande competizione senza trucchi, senza emodoping e senza anabolizzanti. Il dopo gara fu caratterizzato da molte polemiche. La vittoria di Mei sembrò gelare, anziche’ entusiasmare i dirigenti federali. Sulla tribuna stampa scoppiò un violento diverbio fra i sostenitori di Mei ed i sostenitori di Cova, La vittoria di Mei rappresentò una boccata d’ossigeno per un pugno di allenatori che si sentivano ormai alle corde. Pochi giorni dopo Mei sfiorò il bis, conquistando, nonostante la stanchezza e l’appagamento, la medaglia d’argento sui 5000 nel giorno in cui Panetta rivelò il suo straordinario talento sulle siepi.”. Si poteva ancora vincere una grande competizione senza trucchi, senza emodoping e senza anabolizzanti, nel 1986. Cosi’ recitava Donati dopo il conforto dell’impresa di Stefano. Non so se questo e’ ancora possibile oggi, ma tutti noi abbiamo il dovere morale di provarci. A vent’anni di distanza, in un mondo, quello dello sport che tende ad esaltare imprese eclatanti senza valutarne i contenuti meno apparenti, Stefano ha lasciato una traccia incancellabile ed un patrimonio d’esperienze impagabili. Qui alla Spezia abbiamo fatto tesoro di tutto questo, e nella nostra atletica aleggia ancora il profumo dell’entusiasmo, della pulizia e della serenità derivati dall’impareggiabile carriera del nostro campione.
Siamo fieri di questo! Grazie ancora Stefano!

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